Si alza la media

Focus sulle compatte

Dalla PV444 dell’immediato dopoguerra alla XC40, tutti i modelli che hanno permesso a un ampio pubblico di entrare nel mondo Volvo

La prima Volvo di grande diffusione, quella che farà conoscere il marchio anche al di fuori del mercato svedese, è una media cilindrata.

La PV444 viene presentata a settembre 1944, anche se la produzione in serie incomincia nel 1947. Porta al debutto la scocca portante ma, soprattutto, democratizza la soglia di accesso al mondo Volvo. Che sino ad allora aveva proposto modelli dai due litri in su. Poco dopo l’arrivo della Amazon la PV444 non scompare ma evolve, nel 1958, nella PV544.

È proprio in quel momento che la compatta diventa per la Volvo una scelta deliberata: un’auto da affiancare ai modelli di maggiori dimensioni.



Nel 1976 la Volvo rientra, dopo un decennio di assenza (la PV544 era uscita di produzione nel 1965) nel settore delle vetture medie.

Lo fa con la Serie 300, una vettura di originale concezione con motore anteriore e cambio al retrotreno, secondo lo schema Transaxle. Inizialmente disponibile con trasmissione automatica continua, è in seguito offerta anche con un manuale. Nel 1979 all’originaria 343 a tre porte si affianca la 345, prima compatta Volvo a 5 porte.

Nel 1985 si aggiunge alla gamma la 360 a tre volumi. Quando, il 13 giugno 1991, la linea di produzione sforna l’ultimo esemplare ne sono state prodotte oltre 1,13 milioni di unità.



Alza la media, nel 1988, la Volvo, lanciando la 440. Che segna una svolta epocale: il passaggio alla trazione anteriore e al motore trasversale.

Soluzioni già anticipate nel 1985 dalla coupé 480 e ora estese alla berlina a cinque porte (affiancata l’anno dopo dalla 460 a tre volumi) chiamata a supportare, e a medio termine sostituire, la Serie 300. Come quest’ultima, è costruita in Olanda. Per la prima volta, su una Volvo di questa categoria, debutta un propulsore diesel in alternativa a quelli a benzina.

Sono gli anni in cui questo genere di alimentazione incontra un favore crescente su molti mercati, tra i quali quello italiano.

Nel 1995 un’altra rivoluzione copernicana interessa il mondo delle medie Volvo. Che per la prima volta propone, accanto alla berlina (realizzata in configurazione tre volumi e quattro porte) una station wagon, genere di carrozzeria che suscita grande interesse e seguito presso la clientela delle Volvo full size.

Debutta anche, con le nuove medie, un inedito sistema di denominazione: S per Sedan, V per Versatility (la station, appunto) e due cifre a indicare la serie costruttiva.

Nasce così la coppia S40 e V40, un’abbinata particolarmente felice che verrà scelta da oltre un milione di automobilisti, contribuendo in modo determinante a estendere il bacino di utenza del marchio.



Mentre la serie precedente era frutto di una cooperazione tecnica con la Mitsubishi, la nuova serie della Volvo S40 (che in versione station - nella foto - si chiama V50, in coerenza con la nuova regola che assegna alle wagon le decine “dispari”) viene sviluppata negli anni in cui la marca è parte del Premier Automotive Group che fa capo al Gruppo Ford.

È infatti in collaborazione con la filiale europea di questo marchio che viene sviluppata la serie, in produzione dal 2004 al 2012 nello stabilmento belga di Ghent. Ed è, questo, un altro elemento di discontinuità rispetto alla S40/V40 di prima generazione che invece nasceva a Born, in Olanda.

Grande novità tecnica, la trazione integrale in alternativa a quella anteriore.



In un mondo che cambia velocemente, cambia anche la Volvo V40. Sempre compatta è (anzi, lo è di più della precedente serie del 1995), eppure non si presenta più come una station bensì come una hatchback.

Un ideale ponte lanciato, nel 2012, tra la Volvo C30 (che però era una coupé a tre porte) e le successive evoluzioni della gamma media dallo sviluppo verticale ancora più accentuato reso possibile dalla diffusione delle vetture a guida alta.

Una tendenza che la V40 seconda maniera coglie e anticipa soprattutto con la variante Cross Country, con assetto leggermente sollevato e una caratterizzazione estetica che occhieggia al mondo Suv. Un apripista per la successiva evoluzione delle Volvo di accesso.

Ed eccola qui, la compatta Volvo dei nostri giorni. È proprio il caso di dire che, in settant’ anni di evoluzione (tanti ne sono passati tra il debutto della PV444 e quello della XC40), si è alzata la media.

Non solo perché lo sviluppo verticale della carrozzeria permette alla XC40 una volumetria interna e una versatilità impensabili anche solo vent’anni or sono: perché è proprio cambiato il modo di intendere l’auto, e la XC40 rappresenta il trait d’union perfetto per garantire la transizione dal motore termico al pure electric (già disponibile, su questo modello) attraverso versioni ibride con gradi intermedi - e crescenti - di elettrificazione.



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