A me gli occhi

I fari della Volvo tra design e tecnologia

Le luci anteriori hanno molto da raccontare in termini di evoluzione tecnica e stilistica. Approfondiamo dunque il tema dello “sguardo” attraverso i decenni

Questa vettura dall’aspetto morbido e importante è una Volvo PV36, anche nota come Carioca.

Quando viene presentata nel 1935 segna una svolta significativa perché, per la prima volta, una Volvo ha i fari integrati della linea della carrozzeria. Il che significa più stile, perché il disegno è maggiormente pulito; più aerodinamica, perché non ci sono elementi che escono di sagoma; più sicurezza in caso di investimento di un pedone, perché mancano le sporgenze.

Nella parte bassa, tra griglia e lamiera frontale, vengono spesso montati come accessori un fendinebbia e un faro di profondità che hanno, all’epoca, dimensioni e forme diverse sui due lati.



Nel 1960, anno in cui viene presentata la Volvo P1800, i fari delle automobili sono ancora tutti, immancabilmente, circolari: le tecniche costruttive del tempo non permettono infatti di costruire parabole di forme diverse che siano adeguatamente efficienti.

Per differenziare gli sguardi si gioca allora sulle composizioni di elementi tondi: il faro e il gruppo ottico secondario, che integra indicatore di direzione e luce di posizione, e che è montato a filo del paraurti per suggerire visivamente l’idea di un frontale basso e filante.

Il fendinebbia applicato come accessorio completa un trittico di luci che anche sul piano del design determina un’espressione visiva originale e completa.



È il 1968 quando nasce la Volvo 164, ammiraglia a sei cilindri derivata dalla Volvo Serie 140 della quale mantiene la parte centrale e posteriore della carrozzeria.

Il frontale è invece diverso, con un linguaggio stilistico più imponente. La cornice intorno al faro è in tinta vettura, invece che cromata, a suggerire un’ideale integrazione tra luci e lamiere; su un asse più basso, e verso il centro, si ritrova un motivo a griglia che sarà sostituito da un fendinebbia alogeno nei model year successivi.

Il gruppo ottico secondario non è solidale alla carrozzeria bensì applicato sul paracolpi: si stacca così quel tanto che basta a lasciare al proiettore la scena. In più segue la lama in acciaio nella sua curvatura, rendendo l’indicatore di direzione visibile anche lateralmente. Un dettaglio molto utile per i mercati in cui, a differenza dell’Italia, i ripetitori sui parafanghi non sono previsti dalle normative.

La Volvo 244 del 1974 segna un’importante evoluzione perché, per la prima volta, vengono introdotti (a seconda degli allestimenti) grandi fari rettangolari.

Se fino ad allora il fanale spiccava in modo evidente, ora diventa parte integrante del frontale, compreso com’è tra i gruppi ottici secondari a tutta altezza e la calandra.

Per quanto la grafica della parte anteriore resti composta da elementi distinti, visualmente è un tutt’uno a dominare la scena. Il risultato è che, le nonostante le dimensioni notevoli di questi nuovi proiettori, l’attenzione dell’osservatore si focalizza semmai sul marchio al centro della mascherina. O sui robustissimi paraurti ad assorbimento di energia.



Nel 1986 il gioco degli sguardi conosce un’ulteriore, importante step con l’arrivo della Volvo 480. La quale, da vera sportiva qual è, adotta i fari a scomparsa.

Quando sono spenti, rientrano nel volume anteriore, rendendolo particolarmente basso e spiovente. In modalità giorno, sono i gruppi secondari a richiamare l’attenzione dell’osservatore.

Quando invece si attivano gli anabbaglianti si sollevano automaticamente, con un effetto coreograficamente molto gradevole che ha anche il vantaggio di cambiare l’aspetto della vettura, che diventa così una double-face. E non solo per modo di dire.



Il punto d’approdo del linguaggio stilistico dei fari è la seconda generazione della Volvo XC90 (2014).

È con questo modello che, per la prima volta, i gruppi ottici adottano, per i DRL (Daytime Running Light) posizionati nella parte mediana, lo stile “a martello di Thor”, così definito perché cita la sagoma del martello utilizzato dal dio scandinavo del tuono. È una forma di stile che distingue una Volvo da qualunque altra automobile al mondo e che è stata, in seguito, applicata a tutti gli altri modelli della marca.

I led e il resto dell’illuminotecnica collegata all’automobile hanno permesso di definire una forma inconfondibile che rende ogni Volvo unica, a qualunque ora del giorno e della notte.



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