È finita la benzina

Le alimentazioni alternative

Siamo alla vigilia dell’elettrificazione totale. Ma sono decenni che Volvo sperimenta soluzioni alternative al carburante per antonomasia

Durante la Guerra (che pure aveva visto la Svezia neutrale) la benzina era un genere di difficile approvvigionamento.

È per questo che, in molte parti d’Europa, si sperimentarono alimentazioni alternative a base di legna e carbone. La loro combustione incompleta affidata a un apparecchio chiamato gasogeno produceva un gas composto di monossido di carbonio e idrogeno.

La perdita di potenza era di circa il 30% e l’avviamento richiedeva sino a 10 minuti. In questa immagine, una Volvo PV53 (1938-1945) con l’ingombrante gasogeno montato davanti al radiatore. Esistevano anche applicazioni che ne prevedevano l’installazione su un carrello appendice.



Negli anni ’70 il Diesel si affranca dal ruolo di motore riservato al trasporto pesante e inizia a essere impiegato sempre più di frequente sulle automobili.

Anche su quelle di prestigio. La prima Volvo a montare un motore a gasolio è la Serie 240, nel 1979 (in questa immagine, un modello 1981). Il suo sei cilindri in linea - il primo con questo frazionamento a essere impiegato in Europa su una vettura - è un 2.4 litri aspirato con albero a camme in testa da 82 cv che spinge la berlina a 148 km/h.

È la capostipite di una lunga dinastia di modelli con propulsore ad accensione spontanea che conosceranno particolare fortuna su alcuni mercati europei, soprattutto in Italia e in Francia.



Con il nuovo millennio la crescente attenzione ai temi ambientali incoraggia scelte alternative in termini di alimentazione.

La propulsione a gas, sino ad allora affidata - perlopiù – a installatori aftermarket inizia a diventare un’opzione che l’industria offre in primo equipaggiamento, con vantaggi enormi in termini di qualità e sicurezza degli impianti.

Questo spaccato evidenzia il doppio serbatoio della Volvo V70 Bi-Fuel, che poteva funzionare sia a benzina sia a GPL, più economico ed ecologico. Il suo 5 cilindri 2.4 litri di norma partiva in modalità “verde” per poi attuare automaticamente la commutazione al gas liquido. Sono esistite anche Bi-Fuel a benzina e metano.

Un ulteriore passo in direzione del superamento della dipendenza dal petrolio sono le vetture Multi-Fuel.

Nel 2006, sul corpo vettura della Volvo V70 2.5 nella foto, viene presentato il prototipo di un’automobile in grado di funzionare con cinque tipi di carburante; il bioetanolo E85, il metano di origine biologica (biogas) oppure estrattiva, la benzina e l’hythane, ovvero una miscela formata per il 10% da idrogeno e il 90% da metano.

Nel 2008 ne sarebbero derivate vetture di serie con un bouquet semplificato di alimentazioni multiple: la Volvo V50 Tri-Fuel (E85, GPL e benzina) e la Volvo V50 Multi-Fuel (che aggiungeva ai precedenti tre il biogas).



Ben prima che la Volvo V60 plug-in hybrid facesse la sua comparsa sul mercato nel 2013, la Volvo studiò i vantaggi dell’ibrido ricaricabile su una flotta di V70 sperimentali.

Accadde nel 2009; la scritta “Towards zero”, ovvero in direzione zero (inteso come emissioni) riportata sugli sticker laterali rende perfettamente l’idea del cammino progressivo – e dell’obiettivo – che si era data l’azienda sul medio periodo. Il tempo necessario per ricaricare le batterie agli ioni di Litio da una colonnina pubblica era compreso tra 90 e 150 minuti.

Due i connettori di alimentazione, a seconda che venisse impiegata una struttura pubblica oppure il garage di casa (con tensioni differenziate).



E infine, il presente: una Volvo XC40 Recharge Pure Electric, in livrea Sage Green, mentre fa il pieno a una colonnina pubblica.

Rispetto alla precedente immagine sono passati dodici anni ed è cambiato il mondo: le elettriche pure sono una realtà quotidiana, in attesa di una gamma totalmente elettrificata attesa per il 2030; la presenza degli accumulatori non richiede sacrifici in termini di spazio (anzi, nel vano anteriore c’è un bagagliaio supplementare) e persino la stazione di ricarica ha un aspetto più curato e integrato con l’ambiente circostante.

Tutti indizi di un mondo che sta cambiando. E che vivrà (e meglio) anche senza petrolio.



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